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Da diversi anni, nelle quinte liceo, affronto la questione dei rapporti tra Ebrei e Cristiani. È un argomento doloroso perché, prima di leggere insieme il n.4 della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate e raccontare dell’amicizia che negli ultimi decenni si è consolidata, è necessario ripercorrere l’ostilità che per secoli i cristiani hanno manifestato nei confronti degli Ebrei. Il popolo di Israele è sempre stato un piccolo popolo e quasi sempre è stato perseguitato, anche prima dell’avvento del Cristianesimo.

Un dato che emerge sempre di più in occasione di elezioni politiche o amministrative, è il calo dell’affluenza. Un altro dato è il crollo dell’adesione ai partiti. Nello stesso tempo proliferano i comitati che lottano per qualche interesse specifico (condivisibile o meno) e le manifestazioni occasionali: friday for future, cortei nella giornata contro la violenza degli uomini sulle donne, ecc. Riflettendo su questi dati mi chiedo sempre se una democrazia senza partiti possa esistere. E, ancora di più, se può esistere

Nelle diverse classi del liceo in cui insegno (ormai da tempo immemorabile), c’è ultimamente un fenomeno nuovo: una sensibilità formidabile riguardo ai diritti delle persone del cosiddetto mondo lgbt+. È una cosa positiva, non c’è dubbio. Ma l’insistenza con la quale ragazze e ragazzi pongono la questione mi ha costretto a farmi alcune domande. La prima domanda riguarda i luoghi nei quali la gioventù di oggi si forma: al primo posto direi che si devono mettere alcuni social come Instagram e Tik Tok.

Quaranta domande e quaranta risposte su questioni che spesso ci sentiamo porre in classe. Questo ha raccolto in un bel volume dal titolo “Oh, Prof!” il nostro collega Alessandro De Luca. Le domande sono solo in apparenza semplici. Richiederebbero infatti risposte molto approfondite e articolate che non sempre a scuola c’è la possibilità di dare, sia per il poco tempo a disposizione dell’IRC sia, soprattutto, perché la curiosità delle nostre allieve e dei nostri allievi è sincera ma impaziente, non regge risposte troppo lunghe.

Nell’omelia di qualche domenica fa, il mio parroco – don Marco Uriati, non uno qualunque! - osservava “come non riesca a diventare di pubblico dominio l’interpretazione corretta del brano della Genesi oggi proclamato; nato per affermare la parità di maschio e femmina nel disegno di Dio e divenuto spesso tramite – perfino nella traduzione – per tramandarne la disparità”. Come avrete immaginato, si tratta del secondo capitolo della Genesi, il famoso racconto “della costola”. In un recente post su “Il Regno
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