Con un paio di classi del liceo in cui insegno, ho partecipato nei giorni scorsi a una iniziativa nell’ambito del progetto europeo TIP (Theatre Tools for Islamophobia Prevention). Si è trattato di una mattinata (ospiti dei Missionari Saveriani) nella quale un folto gruppo di ragazze e ragazzi ha potuto sperimentare la metodologia del Teatro Forum per ragionare sulla questione dell'islamofobia.  Il Teatro Forum è una forma del più ampio Teatro dell’oppresso e mette in scena situazioni problematiche

(per esempio caratterizzate da ingiustizie o pregiudizi) favorendo la partecipazione del “pubblico” per individuare soluzioni creative e costruttive.

Un gruppo di veri attori/attrici mette in scena una situazione. La conduttrice/conduttore problematizza ciò che è successo e la scena si ripete. Ma questa volta dal pubblico qualcuno può interrompere la rappresentazione e sostituirsi a un attore per mutare lo svolgersi della storia. Si tratta di un metodo che aiuta a riflettere su concrete situazioni problematiche, a partecipare attivamente, a sviluppare la creatività e la capacità di esprimersi e comunicare. Da non trascurare anche il fatto che ci si diverte moltissimo!

A Parma è la cooperativa Giolli che ha guidato il progetto TIP ma è da molti anni che svolge attività di formazione anche con insegnanti.

L’esperienza è stata positiva ed è piaciuta molto. Certo, se il tema dei pregiudizi nei confronti delle persone di fede musulmana fosse stato affrontato solo in quella mattinata, si sarebbe restati a un livello molto superficiale. Ma chi ha partecipato era reduce da diverse lezioni (spiegazioni, letture, video, discussioni...) dedicate all’islam e quindi credo fossero tutti molto consapevoli della complessità della questione. Insomma, come ben sappiamo noi docenti, uscite didattiche, incontri, iniziative varie hanno senso se non sono “spot” isolati e fine a sé stessi ma sono inseriti in un percorso più ampio.

Interessante anche l’intervento finale ad opera dell’Imam di Bologna (nella foto): nato e vissuto in Germania, emigrato in Canada, ha lavorato negli Stati Uniti per approdare alla fine in Italia. Ha spiegato bene come, cambiando il contesto geografico e culturale, ognuno di noi si può facilmente trovare vittima degli stessi pregiudizi con cui prima guardava altri.