Scuola pubblica e religione. Quale futuro? È questo il titolo del n.5/22 di Credereoggi, la rivista delle Edizioni Messaggero Padova.  Gli otto interventi che vi sono contenuti (più i documenti e la bibliografia amplissima) approfondiscono la situazione in cui si trova l’IRC oggi, i suoi punti forti e le sue criticità e soprattutto cercano gettare lo sguardo in avanti per prevedere cosa succederà nella scuola italiana rispetto all’insegnamento religioso. Mi sembra particolarmente utile il contributo iniziale di Flavio Pajer

il quale delinea con grande chiarezza tre possibili scenari. Il primo è quello di una sostanziale continuità del modello concordatario attuale, magari con un Irc sempre più rinnovato nei metodi e anche nei contenuti ma sempre a gravissimo rischio di marginalità anche, ma non solo, per il costante, inesorabile calo di avvalentesi. “La mono-confessionalità dell’Irc non potrà che apparire sempre meno sostenibile nella scuola della società plurale e con alunni ormai tutti nativi di tale società o provenienti da altri mondi culturali” (p.13-14).

Il secondo scenario è quello della opzionalità obbligatoria che già caratterizza l’insegnamento religioso in molti Stati europei. In questo caso continuerebbe a esistere l’Irc ma chi non se ne avvale sarebbe obbligato a frequentare una disciplina alternativa, di natura diversa ma comparabile. Una “soluzione talmente ovvia da sembrare l’uovo di Colombo” afferma Pajer (p.14). Invece in Italia sembra una soluzione impraticabile anche per le sconcertanti e datate decisioni del Consiglio di Stato che sentenziò lo stato di assoluto non obbligo per chi sceglie d non avvalersi dell’Irc. “Curiosa e singolare concezione di laicità all’italiana” chiosa l’autore.

Il terzo scenario è quello di una disciplina religiosa obbligatoria per tutti (compatibile con la presenza di corsi confessionali facoltativi) a gestione statale visto che nella società plurale il bisogno di un’intelligenza critica del fenomeno religioso non può che crescere.   L’Italia è uno Stato laico e le Università Statali sono già in grado, se solo lo si volesse, di preparare docenti per questa nuova disciplina. Senza abolire il Concordato, si tratterebbe di scorporarne l’articolo sull’istruzione religiosa. Secondo Lino Prenna, autore di un altro saggio nello stesso numero della rivista, sarebbe addirittura lo stesso articolo 9.2 del Concordato a legittimare un insegnamento religioso obbligatorio per tutti.  Infatti, la norma concordataria afferma il “valore della cultura religiosa” che non può certo essere esaurita nella religione cattolica.

Io resto convinta che il terzo scenario sia quello più desiderabile, per il bene delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi che non dovrebbero essere privati di una solida cultura religiosa. La Repubblica italiana e la CEI, rifiutandosi di rivedere le norme concordatarie si assumono una grave responsabilità.

E quindi temo che lo scenario più probabile sia il primo con le conseguenze che già sperimentiamo. La pur lenta riduzione degli avvalentesi (ma in certi contesti molto rapida, in realtà) porta con sé una sempre maggiore marginalizzazione dell’Irc; comporta un intensificarsi dei problemi organizzativi per gli istituti scolastici incapaci di collocare le frotte di studenti non avvalentesi che sciamano per i corridoi; implica l’impossibilità concreta di svolgere attività interdisciplinari; espone all’esclusione invece che all’inclusione (noi entriamo e gli studenti musulmani escono)… Eccetera, eccetera. Ce le siamo detti tante volte queste cose. Ma abbiamo sempre trovato un muro di soddisfazione per il fatto che le percentuali di avvalentesi sono ancora, mediamente, molto alte. Di che cosa vi lamentate?