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Le recenti polemiche sul significato da attribuire al linguaggio religioso nelle scuole pubbliche, la ormai nota vicenda di Rozzano ma non solo, confermano ancora l’utilità di una riflessione nel merito. Per qualcuno essere laici significa tacitare ciò che si ritiene potrebbe invadere la libertà e identità altrui, per altri laicità consiste nell’assicurare a tutte le espressioni culturali e religiose la possibilità di esprimersi all’interno di un perimetro, quello della Costituzione, al fine di arricchire l’intera comunità. Al riguardo pongo all’attenzione dei colleghi il contributo del dirigente scolastico Guido Campanini apparso su Vita Nuova dell’11/12/2015. In alcuni passaggi può risultare provocatorio ma lo ritengo molto utile per comprendere la via italiana alla laicità con puntuali riferimenti al dettato costituzionale.
Vinicio Zanoletti
Ho trovato interessante, a proposito della situazione in Italia tra religioni e tra culture, un editoriale di Antonio Polito sul Corriere della sera intitolato "Se abbiamo paura di dire chi siamo". L'articolo si riferisce all'intervento di due giornalisti sull'Isis in una scuola di Milano: gli alunni islamici hanno contestato il diritto di parlare dell'islam da parte di chiunque non sia islamico, mentre gli alunni italiani si sono dimostrati incapaci di replicare, come se non ci fosse nulla da dichiarare in pubblico, essendo in qualche modo abituati a pensare che una verità religiosa, semplicemente, non si discute. Come se i principi della Costituzione, ad esempio, fossero acqua fresca.
“Dialogare dell’attacco di Parigi e la crisi mondiale - La via per pace”. Questo il titolo dell’iniziativa promossa dal Forum Interreligioso di Parma svoltasi la settimana scorsa presso i missionari Saveriani. Non si può dire che ci fosse un folto pubblico ma non è mancata una discreta rappresentanza di IdR desiderose di ascoltare Ataul Wasih Tariq, Imam della comunità musulmana Ahmadiyya. Questa “corrente” islamica è nata nel XIX secolo in India e intende testimoniare che il Corano è portatore di un messaggio di pace, di rispetto per ogni credo religioso e di dialogo.
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In questi giorni nelle nostre classi molti ragazzi e ragazze ci hanno chiesto di parlare dei fatti di Parigi. Per l’ennesima volta ci simo trovati a commentare una tragedia causata dalla violenza terroristica. Nelle mie classi ho riscontrato sfoghi emotivi e spinte vendicative ma anche sinceri tentativi di usare la ragione per cercare di comprendere le radici della violenza e le strade più efficaci da percorrere per ridurla.
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