Il gruppo IdR della secondaria di primo e secondo grado ha potuto ascoltare venerdì 26 febbraio, le relazioni del giornalista Nicola Di Mauro e del delegato diocesano per la pastorale giovanile don Paolo Salvadori. Il primo relatore ha richiamato le caratteristiche del rapporto tra giovani, fede e chiesa snocciolando una serie di dati a noi ben noti: per i giovani contemporanei la fede è un’esperienza marginale che non influisce sulle scelte. Il loro giudizio sulla dimensione istituzionale della Chiesa è decisamente poco lusinghiero. La pratica religiosa ha visto un abbandono generalizzato.

 

Meno marginale la fede se la si considera come un puro fatto emotivo e intimo: non c’è un rifiuto della fede in sé ma un netto rifiuto di incanalarla in una definita esperienza comunitaria e in un codice etico. L’allergia per una Chiesa che viene identificata con la sua organizzazione gerarchica e con una oscura struttura vaticana fa il resto. Il relatore ha insistito molto sulla necessità di ascolto e accoglienza nei confronti dei giovani con i quali non è mai produttivo un approccio rigidamente normativo. Mi sento di osservare che gli approcci rigidamente normativi oggi non ha il coraggio di assumerli nessuno e quindi il problema non si pone nemmeno. La verità è che gli adulti si trovano per lo più disorientati nei confronti dei giovani e anch’essi poco propensi ad accettare rigidi sistemi normativi. Qualche lustro fa ancora capitava di scontrarsi sulle norme morali e le indicazioni magisteriali. Oggi le nostre ragazze e i nostri ragazzi ci sbadigliano su, al massimo strabuzzano gli occhi increduli, facendo spallucce un minuto dopo. L’ostacolo che abbiamo di fronte non è la contestazione ma l’indifferenza.

Don Paolo Salvadori ha parlato del modo di utilizzare la Bibbia con i giovani. La Bibbia – ha detto – è un luogo straordinario di parola e di senso. E’ qualcosa di solido in un mondo in cui tutto è liquido. E’ fonte delle risposte che cerchiamo pur non offrendo soluzioni immediate ai nostri problemi e nemmeno norme di comportamento. La Bibbia indica una strada, apre a una progettualità. Penso che un ulteriore approfondimento del tema sarebbe più che mai utile anche per chiarire bene le differenze tra l’approccio catechistico alla Bibbia e l’approccio scolastico. Altra questione che personalmente mi intriga molto è quello della Bibbia come luogo di risposte. In che senso possiamo dire questo? Già don Paolo ha espresso alcune precisazioni fondamentali. Aggiungo una considerazione personale. Io vedo nella Bibbia il libro che racconta le domande che Dio ha rivolto al suo popolo e le risposte che il popolo ha saputo dare. La Bibbia a mio parere non racconta un Dio che dà risposte ma un Dio che domanda, chiama, viene a cercarci sperando che ci lasciamo prendere per mano. Possiamo rispondere lasciandoci tirare un po’ per i capelli come Mosè. Oppure decisi e coraggiosi, dopo una rapida meditazione, come Maria. Oppure ce ne possiamo andare tristi e senza coraggio come il giovane ricco…Ma l’onere della risposta tocca a noi!