Gli “uomini di chiesa”, teologi, vescovi, predicatori, esegeti….nel corso della storia hanno litigato su tutto: su Dio, sulla Trinità, sui sacramenti, sulla salvezza, su Maria, sull’interpretazione di mille passi biblici… Solo su una cosa, fino ai nostri giorni, hanno mantenuto l’unanimità: “Come in tutte le comunità dei santi, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso di parlare…” (1Corinti 14,34). Su questa imposizione del silenzio non c’è stata discussione tra gli uomini che nella chiesa

si sono riservati l’autorità. Tant’è vero che al Concilio Vaticano II, per esempio, non fu permesso a Pilar Bellosillo (tra le uditrici chiamate da Paolo VI) di relazionare ai vescovi sui lavori del gruppo cui aveva partecipato. Non per altri motivi ma proprio perché era una donna. E ancora oggi nessuna donna può proclamare il Vangelo nell’assemblea eucaristica. Non per altri motivi ma proprio perché è una donna. Distillo queste note dalla ricca e piacevolissima presentazione del libro di Adriana Valerio, Eretiche, organizzata dalla rete Viandanti qualche giorno fa presso la casa madre dei Saveriani a Parma.. L’autrice è stata presentata dal nostro collega Filippo Binini e intervistata da Franco Ferrari e Anna Braghiroli (anche lei nostra collega). Il libro di Adriana Valerio ripercorre la storia di donne considerate eretiche dal potere ecclesiastico a partire dall’inizio del cristianesimo fino ai nostri giorni. Eretiche come Gesù, si potrebbe dire, visto che le loro parole, la loro vita, non facevano che ispirarsi all’insegnamento del Nazareno evidentemente considerato pericoloso. Donne che spesso hanno subito la derisione, l’emarginazione, l’umiliazione fino alla morte violenta. Rivendicare libertà e autorevolezza da parte delle donne non era tollerabile. Ancora oggi, in buona parte del mondo, non è tollerato.

Tra le storie raccontate nel testo di Valerio ne cito una che mi ha sempre molto colpita, quella delle Beghine.  Quando ero ragazza, a volte sentivo dire con compatimento misto a disprezzo, che la tal persona era una "beghina". Per me “beghina” significava bigotta, acriticamente devota. Quando, molti anni più tardi, ho scoperto chi erano le Beghine sono rimasta di stucco. Erano donne che in Belgio, in Francia ma anche in Germania e Italia, tra il XII e il XV secolo, avevano deciso di testimoniare il Vangelo vivendo in piccole comunità, libere dalla sottomissione a un marito e altrettanto libere dalle mura di un monastero. Vivevano del proprio lavoro, studiavano e predicavano i testi sacri nelle lingue volgari, servivano poveri e ammalati. Donne coraggiose, profondamente credenti, autorevoli. E piano piano furono costrette a scomparire sia dalla realtà che dalla memoria. La narrazione irridente e paurosa della gerarchia ecclesiastica ha avuto la meglio e quelle “donnette” descritte da Gilberto di Turnai nel 1274, sono diventate, nei secoli successivi “donne bigotte”.

L’impegno pluridecennale di Adriana Valerio, con la sua produzione scientifica, è quello di restituire vita e dignità alle Beghine e a tutte le altre donne vittime della “damnatio memoriae”. Gliene siamo grate e grati.

Adriana Valerio,Eretiche. Donne che rflettono, osano, resistono,Il Mulino 2022 - p.154, €.14 

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