Che frutto porterà il seme piantato in questa generazione? Saranno i nostri ragazzi il “cigno nero” di questa epoca surreale all'ombra del Coronavirus? Me lo sto davvero chiedendo quando li vedo arrivare come pallini colorati sullo sfondo nero di Meet (alcuni “si sentono brutti” e non attivano fotocamere!)  puntuali, numerosi ...e quando più di una volta i primi a connettersi sono quelli che non fanno religione ma spontaneamente partecipano e a volte più di altri. E' la seconda settimana di lezione totale, 18 ore complete ognuna...anzi spesso si sfora senza accorgercene

 

perchè i temi sono tanti! Dalla quarantena alla quaresima passando al sette alla seconda del giubileo per tornare alla Genesi e alla nostra settimana multiculturale e multireligiosa...fino all'incomprensibile salto nel vuoto che è l'otto... e siamo nel Battistero di Parma...non bastano i soliti 55 minuti (l'otto non lo capiscono mai!).

Mi riempiono di senso queste 4 o 5 ore quotidiane piantata davanti allo schermo e con le gambe doloranti quando mi alzo, ma sento che i ragazzi ci chiamano, che la nostra ora è per loro importante non meno delle altre e che anzi ora più che mai si carica di senso e di contenuti.

La lettura della storia attraverso le utopie e gli ideali, attraversati dalle nostre contraddittorie metodologie e interpretazioni (e parlo anche della Chiesa), è ora una lettura più comprensibile per i nostri studenti e le nostre studentesse, perchè improvvisamente è apparso loro il FUTURO: un futuro quanto mai incerto e forse più doloroso e difficile di quanto potevano prevedere (in realtà chi di loro pensava al futuro che non fosse il prossimo week end?). Penso che in questa generazione di adolescenti del coronavirus si stia piantando un “seme che se muore porta frutto”, quel senso di comunità e di connessione con il tutto che tante volte cercavamo di “spiegare a secco” e che ora si vive a pelle ed appare di per sé. Tutto connesso, tutti interdipendenti. E fragili.

Devo dire che se all'inizio della quarantena ero molto più propensa alla lettura poetica e positiva dell'evento, ora mi pesano tanto il dolore e la morte intorno a me, la mia fede in tanti momenti è un atto di volontà che fa eco alle parole di Etty Hillesum “Dio in questo momento non sei tu a fare vivere noi ...siamo noi che facciamo vivere te!”. Guardare questo evento con gli occhi di Dio non è forse possibile per noi, ma con gli occhi di Gesù che riconosce, accoglie e cura. Questo sì, in questo riesco a riconoscerlo, Lui che si è spogliato della propria divinità per noi.

Nel tempo di astensione dagli abbracci, un abbraccio fortissimo!

Consiglio per gli acquisti al tempo del Coronavirus: Anat Gov (scrittrice ebrea) “Oh mio Dio!” (Oy Elohim) ed. Giuntina, 2008