Ho fatto una lezione sulla fede. Ho chiesto: “Perché, secondo voi, ci sono persone che credono in Dio?”. Molte risposte hanno ruotato attorno al concetto di “bisogno”: bisogno di protezione, di aiuto e conforto, bisogno di avere risposte alle domande difficili. Anche alcuni manuali di RC rispondono allo stesso modo. Ma noi che crediamo in Dio, davvero siamo mossi da un bisogno? Davvero la fede fornisce risposte alle domande difficili?

 

La domanda sul perché del male, per esempio, non ha risposte molto più semplici per chi non crede? Chi non crede sa che l’essere umano è limitato e cattivo. E quindi c’è il male. Chi crede deve conciliare questo dato con l’esistenza della Santa Sapienza caratterizzata da onnipotenza e bontà. E perché Ella non impedisce il male? E ancora. Quante volte abbiamo invocato Dio perché ci aiutasse in qualcosa o almeno perché facesse cessare le guerre e le ingiustizie più crudeli. Ma quante volte abbiamo dovuto constatare che le guerre e ingiustizie sono continuate o sono cessate grazie alla buona volontà di uomini e donne che hanno cercato accordi! Dice Abraham Joshua Hescel: “La religione si è adattata all’umore moderno autodichiarandosi soddisfacimento di un bisogno. Questa concezione che – non c’è il minimo dubbio – è diametralmente opposta all’atteggiamento profetico, ha contribuito in grande misura al fraintendimento e alla sterilizzazione del pensiero religioso. (...) La voce tonante del Sinai ha forse proclamato le dieci parole per soddisfare un bisogno?”.    (cfr. A.J.Heschel, Il canto della libertà, ed. Qiqajon)

In effetti se rileggiamo le storie bibliche ci accorgiamo che l’incontro tra il Santo Mistero e l’essere umano avviene di solito perché il primo pone delle domande a cui il secondo deve rispondere. L’incontro non avviene a partire dalla ricerca umana, tutt’altro. Mosè aveva trovato la sua tranquillità mettendo su famiglia e facendo il pastore, Maria stava per sposarsi e il suo progetto di vita le appariva chiaro davanti agli occhi. Ma la Santa Sapienza arriva a disturbare tranquillità e distruggere progetti e pone la domanda cruciale: “Accetti di fare quel che ti chiedo? Accetti di fidarti di me?”. L’incontro avviene perché noi rispondiamo positivamente alla domanda divina.

Non è Dio che risponde alle nostre domande e tanto meno risolve i nostri problemi. Di solito ce li complica. Siamo noi che rispondiamo, e lo facciamo perché Chi ci chiama suscita la nostra fiducia, perché ci sentiamo amati e in quell’amore capiamo che è bello vivere.