Le recenti polemiche sul significato da attribuire al linguaggio religioso nelle scuole pubbliche, la ormai nota vicenda di Rozzano ma non solo,  confermano ancora l’utilità di una riflessione nel merito. Per qualcuno essere laici significa tacitare ciò che si ritiene potrebbe invadere la libertà e identità  altrui, per altri laicità consiste nell’assicurare a tutte le espressioni culturali e religiose la possibilità di esprimersi all’interno di un perimetro, quello della Costituzione, al fine di arricchire l’intera comunità. Al riguardo pongo all’attenzione dei colleghi il contributo del dirigente scolastico Guido Campanini apparso su Vita Nuova dell’11/12/2015. In alcuni passaggi può risultare provocatorio ma lo ritengo molto utile per comprendere la via italiana alla laicità con puntuali riferimenti al dettato costituzionale.

Vinicio Zanoletti

  

SCUOLA, PRESEPI E LAICITA’

Guido Campanini

Un Dirigente scolastico vieta canti religiosi per Natale e sposta la tradizionale recita al … 21 gennaio (“festa d’inverno”); in un’altra scuola italiana si fa il presepio, ma solo con gli animali e i pastori, senza Gesù bambino; in altri casi nelle recite natalizie si parla di “babbo Natale”, di renne e di animali, ma del festeggiato nemmeno una notizia – Natale vuol dire nascita, ma non si sa più chi nacque quel dì… Il tutto in nome della scuola “laica” e della “laicità” dello Stato.

Ma cosa significa davvero laicità? E la nostra scuola è davvero laica – stando alle leggi della nostra Repubblica?

Il termine “laicità” (come anche “laico/a”) ha assunto nel tempo una molteplicità di significati, tali da poterlo considerare quasi un termine “equivoco”, nel senso della logica medievale. Ovvero, riprendendo Wittgenstein, come una sorta di costellazione di significati aventi un’aria comune, una sorta di parentela più o meno alla lontana. Sul tema avevo scritto diverso tempo fa una sorta di voce di dizionario per un numero monografico di una rivista cattolica (Gu.C., “Nella giungla della laicità”, in Via, verità e vita, ed. Paoline, Roma,  n. 5 / 2007,  pp. 2-5).

Quando tale concetto si applica alla scuola si fa riferimento soprattutto al francese “laicité”: sin dal tempo della grande Rivoluzione, la Francia si concepì come nazione laica – separata, e talvolta anche in conflitto con la religione e con la Chiesa cattolica. Alcune brevi parentesi (la monarchia restaurata dei Borboni dal 1814 al 1830; gli esordi della “terza repubblica” dal 1871 al 1875; la tragica esperienza del governo di Vichy dal 1940 al 1944) non solo non hanno rappresentato un ritorno all’alleanza tra trono e altare, fra potere politico e potere religioso, ma anzi hanno rafforzato – una volta terminate – la stretta correlazione fra spirito repubblicano e laicità dello Stato – e della scuola.

Gli istitutori nei collegi della repubblica sono stati – dal 1875 al 1940 – una sorta di “confessori laici” della gioventù, contrapposti ai cappellani delle pur fiorenti scuole cattoliche; gli edifici civili e le cerimonie pubbliche della Repubblica – pur evitando gli sconvolgimenti del calendario avvenuti durante la Rivoluzione – hanno inteso sostituire, nella cultura francese, le feste ed il culto cristiani: il Pantheon parigino come un tempio repubblicano, il 14 luglio come una sorta di Natale della Nazione…

Le leggi dei primi anni del XX secolo, ed in particolare la legge del 1905 sulla separazione dello Stato dalla Chiesa, sono una sorta di “carta costituzionale” dello stato e della scuola repubblicana. Nessun simbolo religioso negli edifici pubblici e nelle scuole, nessun segno di riconoscimento religioso per gli alunni (la famosa polemica sul velo delle studentesse islamiche), divieto di celebrare matrimoni religiosi se non dopo la cerimonia in municipio, assoluta neutralità (se non indifferenza od ostilità) della Repubblica verso la Chiesa (cattolica) e la altre confessioni religiose.

Questa – in estrema sintesi – è la laicité: che persino la Chiesa ha finito coll’accettare (anche in funzione anti-islamica), se si pensa che uno dei grandi saggi chiamati a partecipare alla commissione governativa sull’applicazione del principio ai problemi come quello del “velo”, era il compianto, grandissimo storico Réné Rèmond, di chiara e limpida fede cattolica.

Comunque una ben strana laicité, se si pensa che i parroci della parrocchie storiche di Francia sono stipendiati dallo Stato in quanto… custodi di monumenti nazionali, cioè di beni culturali; se i docenti delle scuole cattoliche sono regolarmente stipendiati dallo Stato (e questa spiega l’elevato numero di scuole cattoliche e di allievi nella laicissima Francia: nemmeno Mitterand riuscì a diminuire il finanziamento pubblico alle scuole cattoliche), se fino a qualche anno fa il mercoledì era giorno di vacanza nelle scuole elementari perché giornata storicamente dedicata al catechismo parrocchiale, specie nella Francia rurale….

Forse perché laicità sembrava tradurre laicité; forse per evitare problemi alla nascente repubblica italiana; forse perché il Concilio Vaticano II era ben al di là da venire – fatto sta che nella Costituzione italiana di laicità non si parla MAI. E’ dunque falso sostenere che l’Italia è uno stato laico, una repubblica laica, che la scuola statale è laica: non esiste alcun testo legislativo sulla scuola che dica che la scuola è laica, e tantomeno che lo sia nel significato francese. La stessa presenza del crocifisso nelle aule scolastiche come negli edifici pubblici è stata confermata auterovolmente dalla suprema Corte – e si badi che non è il Concordato, bensì la giurisdizione italiana ad aver stabilito questo…

La Costituzione italiana non è laica anche per un altro motivo: se l’art. 2 proclama l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione di religione (oltre che di razza, di sesso…); se l’art. 8 proclama la libertà religiosa, l’art. 7, come è noto, stabilisce che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati dai Patti lateranensi, ossia dal Concordato – firmato nel 1929, rivisto nel 1984. Per la Costituzione italiana, dunque, la religione cattolica, la Chiesa cattolica, non è alla pari delle altre religioni o confessioni: ha uno statuto privilegiato. Per questo, dunque, la Repubblica italiana non è “laica”  nel senso francese.

Proprio il trattato di revisione del Concordato, assunto integralmente dalla legge italiana che lo ha ratificato, dice che (art. 9, c. 2) “la Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.”

Ciò vuol dire che la presenza della religione cattolica nella scuola pubblica è assicurata, almeno stando alla lettera ed allo spirito del testo, non per “fare un favore alla Chiesa cattolica” (magari in cambio del consenso politico, come avvenne nel 1929 con il regime fascista), e nemmeno, al contrario, perché l’Italia intendesse fare della scuola pubblica una scuola confessionale, almeno per alcuni aspetti: ma per ragioni di carattere esclusivamente storico-culturale. “I princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”: basti andare in un qualsiasi museo italiano per vedere innumerevoli Natività, Crocifissioni, episodi della vita di Cristo, di Maria, degli Apostoli, dei Profeti, dei Santi… talché chi fosse del tutto ingnorante in teologia e sacra scrittura, nonché di agiografia, non potrebbe nemmeno comprendere cosa questa o quella pala d’altare intendesse raffigurare…

E dunque: se nessun direttore museale si sognerebbe di togliere dalle sale ogni quadro con soggetto religioso (forse solo il parigino Museo d’Orsay non ne soffrirebbe), se nessun sovrintendente di istituzione sinfonica si sognerebbe di non far cantare una Passione di Bach, il Requiem di Verdi o un oratorio di Haendel – perché un dirigente scolastico dovrebbe impedire agli alunni o al personale di una scuola di allestire un presepio? o di cantare “Adeste fideles” piuttosto che “Stille Nacht” o “Tu scendi dalle stelle”, o anche quel famoso “gospel” (vangelo..) dove si canta che “Jesus Christ is born”? canti che oltretutto hanno anche un discreto valore musicale…

Se la Repubblica, e la scuola italiana, non è affatto laica – nel senso francese del termine; se il Concordato fra lo Stato e la Chiesa cattolica è previsto esplicitamente dalla Costituzione italiana; e se tuttavia la scuola (e la repubblica) italiana non è certamente una scuola religiosa o confessionale – che cos’è dunque la nostra scuola, se non è né laica né religiosa?

Si può, e si deve rispondere, che la scuola italiana, e la Repubblica, è laica – ma in un senso diverso, e forse opposto, alla laicité.

La laicité alla francese è escludente, quasi discriminante: il buon cittadino, pare dire, non crede in Dio, ma solo nei valori della repubblica – tuttavia noi lo sopportiamo e lo tolleriamo, entro certi limiti, perché siamo laici. (Un po’ come avveniva, ma al contrario, negli stati cattolici dell’antico regime, che non perseguitavano più ebrei o protestanti o massoni, ma se se andavano altrove era meglio…).

La laicità italiana, al contrario (una laicità che siamo chiamati a ri-costruire anche di fronte ai fenomeni migratori), è, e deve essere, una laicità inclusiva, che aggiunge segni (religiosi) e non li toglie. Due sentenze della Corte costituzionali (relatore Casavola) hanno chiarito il valore “costituzionale” della laicità, ed insieme il suo vero significato (sentenza n. 203 dell’11-12 aprile 1989 e sentenza n. 13 dell’11-14 gennaio 1991).

In particolare, la prima delle due sentenze citate, proprio commentando il passo del Concordato sopra richiamato (“riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”) lo interpreta in siffatto modo:

Il genus ("valore della cultura religiosa") e la species ("principi del cattolicesimo nel patrimonio storico del popolo italiano") concorrono a descrivere l'attitudine laica dello Stato-comunità, che risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato-persona o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini.

Lo stato autenticamente laico si pone  dunque al servizio delle istanze religiose e delle comunità religiose presenti nel territorio, ritenendo così la religione, ed in particolare la religione cattolica – come diceva un liberale non credente come Tocqueville – non un ostacolo nell’affermazione dei valori di libertà e democrazia, ma al contrario una formidabile alleata.

Così anche la scuola laica non solo rispetta, ma anzi favorisce l’espressione del sentimento, della tradizione e della fede religiosa dei propri alunni e delle proprie famiglie: in occasione del Natale, ad esempio, ma anche – perché no? – in occasione della fine del Ramadàn, se vi fossero scolasti o studenti che celebrano tale festività musulmana.

Due polemiche noterelle conclusive.

Il ragionamento del collega dirigente di Rozzano, portato alle estreme conseguenze, dovrebbe portare a considerare feriale la giornata del 25 dicembre: se la religione è un fatto privato e personale, che si venga a scuola anche il giorno di natale… come nella Cuba di Fidel Castro.

Quanto alla equazione immigrato=musulmano, nelle nostre scuole vi sono anche filippini (cattolici), sudamericani (cattolici), eritrei (copti o cattolici), provenienti dall’Europa orientale, e dunque di tradizione cristiana (ortodossa o cattolica), ed anche cristiani o cattolici provenienti da paesi a maggioranza islamica (Siria o Pakistan), e fuggiti da persecuzioni religiose anche per celebrare liberamente il Natale…

dicembre 2015