La lettera che i vescovi italiani hanno inviato a noi IdR all’inizio del nuovo anno scolastico e che l’Ufficio Scuola ci ha tempestivamente inviato, merita qualche sottolineatura. Innanzitutto dobbiamo essere riconoscenti ai nostri pastori per la fiducia che ripongono in noi, l’attenzione che dedicano alla nostra professione e agli sforzi che compiono perché venga sempre più valorizzata. Nel testo essi ribadiscono la validità del modello attuale ma esprimono anche la necessità di uno “sguardo aggiornato” che non trascura un dato che viene spesso sottovalutato.

 

È vero, si legge nel documento, che la percentuale complessiva di avvalentesi è ancora molto alta (87,9%) ma è anche vero che “si registra una certa difformità di percentuale di avvalentesi tra grossi e piccoli centri, tra Sud e Nord, tra diversi ordini e gradi di scuola”. Esplicitare questa analisi mi pare un segnale importante anche se, per il momento, non se ne traggono conseguenze concrete sul piano della elaborazione di prospettive future.

 Un secondo elemento significativo riguarda l’indicazione pratica che i vescovi ci rivolgono affermando che è necessario “potenziare gli elementi, già presenti nelle Indicazioni scolastiche, di conoscenza delle religioni e delle culture diverse da quella cristiana e cattolica”. È uno sforzo che noi IdR stiamo compiendo da anni ed è bello essere incoraggiati anche su questo.  

Un terzo elemento che viene riconosciuto nel documento è che la nostra “peculiare condizione professionale” ci fa sentire in una “posizione più debole rispetto ai colleghi di altre discipline”. La retorica degli IdR che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri non deve più impedire di vedere la realtà di una condizione professionale obiettivamente discriminata.

A questo proposito i vescovi ribadiscono il loro impegno a offrirci il massimo sostegno sul piano istituzionale per rafforzare la nostra presenza nella scuola. Non dicono in quale modo e su quali aspetti ma si tratta di un altro segnale indubbiamente positivo.

Interessante, infine, l’ultima parte della lettera che riguarda il rapporto tra IdR e comunità ecclesiale. “Si tratta sempre di nuovo” affermano i vescovi “di ricollocare l’IRC nel quadro dell’azione pastorale complessiva, in particolare di quella rivolta al mondo della scuola”. È certamente vero, come è vero anche che questa azione pastorale rivolta al mondo della scuola dovrebbe vedere protagonisti non solo chi insegna Religione ma tutte le persone credenti e testimoni di Cristo che operano nella scuola.

E infine si riafferma l’importanza che noi IdR siamo valorizzati all’interno delle comunità cristiane perché le nostre competenze professionali possono essere molto utili nel campo della formazione, della liturgia, del volontariato.

Insomma, i vescovi restano convinti che il modello attuale sia il migliore ma vedono anche la opportunitò di qualche cambiamento.

P.S. Nella foto: il vescovo Mariano Crociata Presidente della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la scuola e l’Università