Sulle riviste L’Ora di religione e Insegnare Religione del dicembre scorso, Sergio Cicatelli presenta un’analisi della L.107/2015 prestando particolare attenzione alla considerazione che essa riserva all’IRC e agli/alle IdR. La conclusione è amara: la Buonascuola ci ignora completamente, si comporta come se noi IdR e la disciplina che insegniamo non esistessimo.  Vediamo perché e soprattutto quali sono le conseguenze di questa “dimenticanza”.

 

 Il primo problema riguarda l’organico dell’autonomia (OA). La legge specifica che l’OA è composto da “posti di sostegno, di potenziamento e comuni” e noi non rientriamo in nessuno dei tre gruppi “per via dell’impermeabilità” tra l’organico IdR e i cosiddetti posti comuni. Paradossalmente, poiché le finalità della scuola vengono perseguite attraverso l’OA, in teoria noi IdR non saremmo in grado di concorrere a perseguire le finalità della scuola! Più concretamente, un’interpretazione letterale della legge potrebbe causare la nostra esclusione dai ruoli di collaborazione con i dirigenti, dal coordinamento degli insegnamenti opzionali o della attività per il Piano della scuola digitale… Si tratta certamente di una trascuratezza grave perché sarebbe bastato aggiungere a “posti comuni” una “frasetta” che si riferisse a noi. In questo modo il problema sarebbe tecnicamente risolto.

Resta però la domanda di fondo: perché per noi c’è sempre bisogno di una “frasetta” aggiuntiva? Perché noi continuiamo ad essere una categoria a parte?

Un’altra questione riguarda il curriculum con il quale gli studenti e le studentesse delle superiori si presenteranno all’esame di Stato. In questo documento saranno elencate le attività obbligatorie, opzionali ed extracurricolari frequentate. Potrà l’IRC essere presente? Forse no, perché il Garante per la protezione dei dati personali potrebbe ritenere che la scelta di avvalersi dell’IRC sia un dato “sensibile” e quindi non pubblico. C’è anche da credere che l’IRC continuerà ad essere escluso dal documento comune di valutazione e quindi all’esame di Stato saranno prese in considerazione le attività più varie, ma non la frequenza e le competenze acquisite con l’IRC.

Un’ulteriore questione riguarda il piano straordinario di assunzioni che la L.107 ha avviato. Anche qui noi IdR siamo esclusi, non solo perché i nostri Concorsi sono, come di consueto, “a parte”, ma perché dopo il primo concorso del 2005 non ne è stato bandito nessun altro e niente ci fa ritenere che si abbia intenzione di bandirlo a breve. La scuola ha bisogno di superare il precariato ma evidentemente il precariato di noi IdR non interessa nessuno.

Sergio Cicatelli si augura che l’elaborazione del nuovo Testo Unico sulla scuola sia l’occasione per risolvere questi problemi e senz’altro ce lo auguriamo tutti.

Ma ho molti dubbi che la soluzione dei “nostri problemi” stia sul piano della burocrazia, delle circolari applicative, dei codicilli chiarificatori…

Io penso che l’insegnamento della Religione nella scuola avrebbe bisogno di un mutamento radicale di impostazione giuridica e culturale. Ma per arrivarci sarebbe necessario un ampio e approfondito confronto tra i soggetti che ricoprono il ruolo di decisori in questa materia, e cioè il Parlamento, il Governo e la Conferenza episcopale italiana. Magari prestando un po’ di ascolto a chi vive e gestisce ogni giorno l’IRC: insegnanti, studenti, famiglie, dirigenti.

Forse si diventerebbe tutti più consapevoli che le conoscenze e le competenze di rispetto e dialogo in campo religioso sono fondamentali nell’educazione dei giovani.  E che, in un contesto multireligioso e secolarizzato come il nostro, l’IRC così com’è risulta un attrezzo arrugginito.