Oggi ho incontrato una collega che ha dovuto chiedere diverse settimane di aspettativa per motivi familiari. L’Ufficio Scuola non ha trovato nessuno che la sostituisse quindi un paio di preti e un paio di colleghe - nel loro giorno libero! -  si sono spartite le ore per sostituirla.Un paio di mesi fa il mio dirigente scolastico ha inviato al corpo docente un appello: “Chi conosce ex alunne che stanno frequentando anche il primo o il secondo anno di Scienze della Formazione, provi a chiedere se vogliono essere assunte in qualche scuola primaria.

Ci sono scuole di Parma che non hanno più insegnanti!”.

Su www.tuttoscuola.com si legge che il recente concorso per docenti di sostegno (infanzia e primaria) ha visto, nelle regioni settentrionali, la partecipazione di 2583 candidati a fronte di 5741 posti.

A questa carenza di insegnanti nelle regioni del Nord si sta cercando di supplire con un “travaso” di docenti dalle regioni del Sud dove, per esempio, le candidature per il concorso di cui sopra erano abbondantemente superiori ai posti.

Lo squilibrio però non riguarda solo il fabbisogno di docenti.

Su Avvenire del 26 gennaio scorso l’economista Leonardo Becchetti scrive: “Mancano 233.000 lavoratori in Italia” vi è “un enorme scostamento fra la richiesta di specifici profili di lavoratori e la disponibilità degli stessi almeno per alcuni settori”.

Mi pare dunque che gli episodi locali che ho raccontato sopra, si inseriscano in un contesto problematico ben più ampio.

Che è infatti caratterizzato dall’impressionante dato del calo demografico riguardante il nostro Paese e l’Europa intera. Ormai ci siamo abituati a leggere che le morti sono più numerose delle nascite e sappiamo che, per quanti provvedimenti si possano prendere perché le famiglie riprendano a fare figli, c’è ormai un numero di donne in età fertile molto inferiore al passato quindi il riequilibrio della popolazione resta un miraggio.

Un ulteriore elemento di contesto riguarda le migrazioni e quindi le tante persone che cercano di raggiungere l’Europa spesso in modi illegali e soprattutto rischiosissimi per la loro stessa vita: il Mediterraneo si è trasformato in un enorme cimitero.

Ora noi spesso affrontiamo il tema migrazioni in termini di “accoglienza”, come se la nostra posizione fosse quella di coloro che devono essere generosi per aiutare, pur con qualche sacrificio, chi ha bisogno e cerca una vita migliore.

Ma la questione è molto più complessa. Se non vogliamo che la nostra economia, la nostra società, il nostro sistema di welfare, in definitiva il nostro benessere collassino, abbiamo una strada obbligata da percorrere. Cito ancora Becchetti: “Se nell’immediato si vuol dare una risposta efficace, non resta che organizzare un razionale e lucido piano di significativo aumento dei flussi migratori programmati (...) Non basterebbero i disoccupati italiani, potrebbero dire alcuni, a colmare il gap? No (...) perché le competenze dei disoccupati non si sposano con quelle richieste dai posti di lavoro vacanti, né nel breve, né nel medio periodo”.

Insomma, altro che respingere i barconi! Andarli a prendere con l’aereo dobbiamo!

Spero mi si perdoni la semplificazione. È chiaramente una provocazione.

Ovviamente non basta spostare qualcuno dall’Africa all’Italia per farlo diventare insegnante o tecnico specializzato! Bisogna anche stendere tappeti rossi fatti di accoglienza (certo, anche quella), sostegno, formazione. Bisogna ammodernare leggi, istituzioni, dedicare risorse... ma è necessario. Per aiutare l’Europa a non morire di vecchiaia.