Don Daniele Saottini - incaricato CEI per l’IRC – un merito lo ha avuto: è stato chiaro. In un’ora e tre quarti di intervento all’ultimo incontro di formazione per IdR, ha ribadito alcuni concetti chiave. Primo. Tutto ciò che era stato deciso nel 1984 è valido. Le caratteristiche dell’IRC sono “assolutamente adeguate e attuali in una realtà che è completamente diversa”. La scelta, definita “profetica”, che è stata fatta 35 anni fa risulta ancora l’opzione migliore anche rispetto alle scelte di altri Paesi europei. Secondo. Quello che rende più o meno adeguato l’IRC è ciò che avviene in classe dove noi insegnanti dobbiamo essere capaci di evitare un insegnamento...

 

“multireligioso e sincretistico” ma anche eventuali tentazioni catechistiche. Dato che, come afferma Francesco, la realtà è più importante dell’idea, la realtà didattica è più importante della legge. Dobbiamo occuparci della qualità del nostro insegnamento (e qui don Saottini si è profuso in molteplici consigli didattici che tralascio per motivi di spazio).

Terzo. Qualcuno si preoccupa dei non avvalentesi? A livello nazionale dal 93% del 1985 siamo passati all’ 86% di oggi.  “Arriveremo al 75% fra 20 anni? – si è chiesto don Saottini -  Bene, allora ci porremo il problema.  È vero che siamo al 75% alle superiori...ma non suicidiamoci!” Anzi, le percentuali alte ci dicono che gli insegnanti di religione meritano un plauso. Certo, nella secondaria aumentano i non avvalentesi ma questo dipende da dinamiche che non c’entrano con l’IRC: se si mette l'IRC alla prima o all’ultima ora è chiaro che chi si avvale diminuisce. E cosa dobbiamo fare noi d fronte ai non avvalentesi? “Conquistiamoli!” suggerisce convinto don Saottini: “basta essere insegnanti attenti e generosi”.

In ogni caso rendere il nostro insegnamento obbligatorio è impossibile perché il consenso in Parlamento non c’è quindi è un’ipotesi che non esiste.

Quarto. Qualcuno ipotizza di cambiare la natura dell’IRC. “Per farlo diventare un insegnamento di Storia delle Religioni?” si chiede retoricamente il relatore “Ma questo lo farebbero fare all’insegnante di Storia, e noi finiremmo tutti a casa!” Oppure qualcuno pensa alla Storia della Spiritualità? Ma è questo di cui c’è bisogno oggi? Il consiglio di don Saottini è netto: abbandonare queste fantasie e concentrarci sul senso della nostra presenza nella scuola.

Quinto. Un pressante consiglio pratico: valorizzare il libro di testo. In commercio ci sono 130 titoli di manuali IRC di cui 37 per le superiori.  Si tratta di testi “sottoposti a due censure”, la prima nazionale a livello didattico e la seconda diocesana per gli aspetti dottrinali. Il controllo quindi è severissimo e l’autorevolezza in teoria assicurata. Il libro ci vuole perché serve a presentare l’esperienza della chiesa in Italia nella sua oggettività ma anche perché probabilmente sarà “l’unico libro religioso che entra nelle famiglie”.

Sesto. Il nostro legame “vivo e autentico” con la comunità ecclesiale è manifestato dall’idoneità che deve essere sempre mantenuta viva: la nostra testimonianza “eccellente” deve essere sempre attuale, non riferirsi solo a quando il vescovo (che è “l’autorità assoluta” della diocesi) ce l’ha concessa facendoci un preziosissimo regalo.

Settimo. Il concorso. Don Saottini non comprende tutto questo desiderio di fare il concorso per diventare insegnanti di ruolo. Di fatto – afferma – non c’è differenza tra idr di ruolo e non di ruolo, ad eccezione di alcuni aspetti. Per noi Idr non ci sono graduatorie nè possibilità di scegliere la scuola perchè queste sono decisioni dell’autorità ecclesiastica d’intesa con l’autorità scolastica. Se siamo insegnanti eccellenti non dobbiamo temere nulla. Inutile farci prendere da ansia e paure o rincorrere false protezioni o norme “che ci trasformano in giudici implacabili degli altri”.  Certo avere i 500 euro fa comodo a tutti ma perché faccio l’insegnante di religione? “Potremmo cambiare lavoro, per esempio andare in fonderia e guadagnare molto di più”.  La nostra è una vocazione, non dobbiamo preoccuparci troppo per aspetti materiali o di comodo. Dobbiamo vivere il dono straordinario che ci è stato dato dalla chiesa indipendentemente dall’essere di ruolo o non di ruolo. Di questi aspetti gli idr devono parlare con i sindacati, non con la CEI. “Io non mi occupo nè di contratti nè di concorsi” ha affermato don Saottini “A me interessa che siate motivati, per gli aspetti professionali ci sono altri”.

In ogni caso la legge prevede che solo il 70% di Idr vada di ruolo e ci sono diocesi in cui è di ruolo il 90% o addirittura il 100%.

Ottavo. La legge 107/2015 ci esclude dall’organico dell’autonomia?   Non è del tutto vero perché noi siamo compresi nell’organico di diritto di cui al comma 68. Il problema è che non possiamo avere posti sul potenziato principalmente perché lo Stato vuole risparmiare visto che i soldi sono pochi. Purtroppo la legge è fatta così e si potrebbe cambiare solo costruendo un consenso tra i parlamentari che oggi non c’è.

Per gli interventi dalla numerosa assemblea sono rimasti dieci minuti occupati in gran fretta da Suor Luisa Zavaroni che ha posto il problema della presenza di IdR nelle commissioni d’esame alla fine della secondaria di primo grado e da Daria Jacopozzi che ha cercato di ricordare che noi siamo professionisti della scuola e che gli aspetti giuridici, economici, organizzativi della nostra professione sono importanti quanto gli aspetti motivazionali.

Don Saottini ha risposto che le norme dell’esame di terza media costituiscono un esempio di normative fatte senza pensare alle conseguenze. “Ma – ha aggiunto -   sono contento che l'idr si faccia 4 giorni di meno di ferie e sia presente all'esame. Sono le fatiche che piano piano verranno superate. Anche se l’IRC non è materia d’esame e l’idr non può interrogare, la sua presenza è preziosa perché “spesso l'idr è quello che conosce meglio tutti anche se ha un’ora sola, che guida il giudizio del Consiglio di classe, che spesso fa i verbali perché è il più generoso...”

A Daria Jacopozzi ha risposto: “Non voglio dire che abbiamo un’anima senza corpo e non ho detto che si può vivere senza stipendio ma devo dire che mettere a fuoco soprattutto la professionalità è un rischio.