Shahrzad Houshmand Zadeh, teologa musulmana e docente presso la Pontificia Università Gregoriana, ha presentato alcuni passi significativi nel percorso di dialogo tra la Chiesa e l’Islam, dal Concilio Vaticano II al pontificato di Papa Francesco. Il punto di partenza è stata una rilettura del documento “Nostra Aetate”, in cui la Chiesa esalta ciò che accomuna le esperienze religiose e in cui, a proposito dell’Islam (paragrafo 3), si dice:

 

“La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.

Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”.

La fede nel Dio Unico è il centro della teologia islamica, fede nel Dio che si rivela parlando all’umanità. La morale chiede la sottomissione del credente, per libera scelta e mai per costrizione. Il modello della fede e della morale è Abramo, primo hanif e primo muslim, padre di un’esperienza spirituale che si concluderà e avrà il suo compimento nel giorno dei Giudizio, quando avverrà la risurrezione (escatologia). Questi elementi, presentati da Zadeh, sono condivisi dalle diverse tradizioni islamiche, così come le pratiche principali: la preghiera, il pellegrinaggio, l’elemosina, il digiuno. In particolare, la teologa ha sottolineato la rilevanza della preghiera, definita dal Profeta “L’asse della tenda della religiosità”, con la sua scansione temporale quotidiana, segno dell’umiltà del credente verso Dio. La preghiera, inoltre, è il cuore della mistica che trova in Ibn Arabi (XIII secolo) il suo testimone più ammirevole. La venerazione di Gesù come grande profeta e di Maria come creatura “eletta” tra tutte le donne, è un altro aspetto del Corano riportato da “Nostra Aetate” come elemento degno di stima nella fede islamica.

Dal Concilio Vaticano II ad oggi, nuovi passi sono stati realizzati in questo cammino di condivisione: Papa Francesco, in “Evangelii Gaudium” (paragrafi 253-254) sottolinea il valore del dialogo interreligioso per la ricerca della pace e ancora una volta pone il “camminare insieme” come segno distintivo del cristiano. In questa ricerca ha “notevole importanza la relazione con i credenti dell’Islam, oggi particolarmente presenti in molti Paesi di tradizione cristiana” . La teologa ha ricordato, inoltre, l’incontro di Papa Francesco con il Grande Imam Al-Tayeb in Egitto,  nella sede di Al-Azhar, la principale università sunnita del mondo.

In ambito politico, Zadeh ha rilevato l’importanza del Patto nazionale per un Islam italiano, elaborata dal Consiglio per i rapporti con l’Islam e il Ministero dell’interno (1 febbraio 2017): il Patto è basato sui principi della Costituzione e sul rifiuto di qualsiasi forma di violenza; promuove l’integrazione, la difesa della libertà di culto e la democrazia. La comunità islamica si è impegnata a garantire la traduzione in italiano degli insegnamenti, la conoscenza degli imam incaricati, la trasparenza dei finanziamenti.